Ekstrem Sport Veko 2016 Exo Kayak

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Testi di Jacques Gilardone
Tutte le fotografie ©Flo Smith
www.facebook.com/flosmithphotographic

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26/6

Ci siamo! Arrivati!!!

Il viaggio è stato difficile con qualche imprevisto a dir la verità… Il più fastidioso di tutti è stato l’aver sbagliato benzina a Innsbruck quando, dopo aver recuperato Flo, prima della partenza il fatale errore di fare il pieno di verde ci ha lasciato a piedi dopo pochi metri. Da lì il bisogno di meccanico e un salato conto ma soprattutto un ritardo di 5 ore su una già serratissima “schedule timeline” che ci ha portati a guidare tutta la notte senza pausa, fino al traghetto raggiunto alle 6 di mattino, giusto 2 ore prima della sua partenza.

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Potete ben immaginare il sonno tombale che ci ha accompagnati per le quattro ore di traghetto nascosti tra i sedili delle poltrone a ronfarcela alla grande! Ma il sorriso dipinto sulle nostre facce al risveglio, con le verdeggianti coste Norvegesi davanti ai nostri occhi, era davvero sincero e puro!

Compriamo una cartina nel primo villaggino peschereccio incontrato e ci dirigiamo, felici ma provati, verso Nord, verso Voss, dove contiamo di arrivare la mattina dopo.

La ricerca di un buon posto per campeggiare viene premiata con un paesaggio idilliaco e sereno, un insenatura nascosta in un lago a 200km sotto Voss, nel nulla, dove il primo tramonto che ci regala la Norvegia ci lascia a bocca aperta.

La mattina ci svegliamo di buon ora e completiamo gli ultimi kilometri che ci separano dalla meta, passando da posti davvero mozzafiato.

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Ed eccoci finalmente arrivati a destinazione! Ora ci potete trovare, fino alla fine del festival dell’Ekstrem Sport Veko, nel campeggio ufficiale dell’evento in fondo presso il lago, non vi preoccupate, siamo visibilissimi e sempre felici di accogliervi a braccia aperte! In test, per di più, tutti i Kayak Exo a qualsiasi ora della notte e del giorno!

E se non ci trovate, siamo sicuramente in fiume ragazzi!

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28/06

The start

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Sono già due o tre ore che cerco costantemente un aggettivo per qualificare gli ultimi due giorni vissuti a Voss, ma più che parole mi vengono spontanee esclamazioni di gioia e urla di felicità. Questo posto è davvero un paradiso ragazzi!!!!

Ieri, insieme al mitico Flo, siamo andati a dare un occhiata al Strandaelva, il leggendario fiume dove si terrà sabato la Boater cross, che partirà proprio qualche rapida sotto il famoso “Money Drop”. Citando quest’ultimo, che in questo momento, ragazzi, è davvero gigantesco, sono rimasto ammutolito e – devo dire la verità – parecchio impressionato. Il salto sarà di 8 o 9 metri ma è la quantità di acqua che casca giù che lo rende davvero mostruoso! Qualche pazzo che si buttava giù alla cieca, spariva per parecchi luuuuunghi secondi, e riappariva 15 metri più avanti, immancabilmente cappotato, mi ha portatato alla (saggia) decisione di aspettare ancora un pochino prima di provarlo 😉
Invece, subito dopo, la rapida prima dell’imbarco della gara è stato davvero il mio battesimo d’acqua Norvegese, e sento ancora i brividi sulla schiena quando ripenso al mio imbarco e volo, qualche secondo dopo, sopra un bel bucone superato alla grande! Da lì, grazie al cielo, un gruppo affiatato di locals norvegesi, tra cui due ragazze davvero fortissime, mi hanno guidato giù per la decina di rapide che forma il meraviglioso tratto di gara di questo fiume. Cheddire, felicità pura. E ottime amicizie/conoscenze che spero di portarmi dietro per molto tempo.

Ma passiamo a oggi. Oggi ragazzi, mi sento come se avessi perso la verginità. Oggi è stato il turno del Brandseth, la perla della regione, con il colore d’acqua più puro e cristallino che abbia mai avuto la fortuna di vedere.

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Ieri, dopo la discesa, Flo ed io abbiamo deciso di perlustrare – un pò alla cieca – i dintorni della regione per dare un occhiata ai fiumi dove si sarebbero tenute le gare i prossimi giorni. Vi dico la verità: quando siamo arrivati al Brandseth, dopo lo stupore iniziale davanti alla sua bellezza, mi sono chiesto quale pazzo avrebbe deciso di gareggiare su un fiume così pendente e tecnico, pieno di slide e salti manco fossimo a Disneyland. Non sapendo quale fosse il tratto gara, mi sono convinto che avessi sbagliato tratto e che sicuramente la gara si sarebbe tenuta più in giù, in un tratto che non riuscivamo a trovare ma sicuramente meno pendente. Mi sbagliavo alla grande.
Stamattina difatti, abbiamo raggiunto Filippo Brunetti e Michele Ramazza che si trovavano già sul fiume da qualche ora. E lì ho capito quanto mi sbagliassi! Siamo arrivati che i due amici avevano appena finito la discesa integrale, e Michele mi ha proposto di farla appena incontrati. Il problema è che mi ha proposto di farla a vista. Ovviamente ho mascherato meglio che potessi la strizza gigaaaaaante che si è impossessata di me quando ci siamo imbarcati, poiché stavo per scendere rapide che la sera prima pensavo fossero praticamente impraticabili. Ma la soddisfazione che imperversava in me rapida dopo rapida, e che mi rendeva più fiducioso ad ogni passaggio, ha reso questa discesa una delle più belle della mia vita. E il fatto di aver fatto tutto a vista l’ha resa anche la più pazzerella. Ma è andato tutto super alla grande e l’unica cosa che mi è rimasta è gioia. Che gioia ragazzi, che gioia.

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Per finire in bellezza una giornata già bellissima siamo andati anche a farci un giro con la canoa da gioco Xg nel pezzo di fiume che passa in mezzo alla città, nessun miglior modo, devo ammettere, per decompressurizzare tutte le emozioni immagazzinate qualche ora prima.

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Domani ci potete trovare sempre sul Brandseth, probabilmente sul tratto di gara, a provare e riprovare il percorso prima della gara di giovedì.

Keep on rolling!!

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30/6

“Rispetto per il fiume e seconde occasioni”

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Ho deciso di dare un titolo al capitolo di oggi per ricapitolare al meglio questi ultimi due giorni.
La fatica, lentamente, comincia a farsi sentire: Flo ed io cerchiamo di non perdere un secondo di ogni giornata, passando da un fiume ad un altro, da una foto all’altra, costantemente sotto la pioggia, costantemente “on the road”. E stamattina, svegliandoci presto per andare incontro alla prima gara norvegese della nostra carriera, le nostre facce erano marcate da due profonde occhiaia e le nostre schiene acciaccate e doloranti. Ma il morale sempre alto e la concentrazione pure.

Da segnalare che la prima vera festa di martedì sera, dopo una bellissima cena a casa di Jacob Sedivy e contornati da tantissimi canoisti dal mondo intero, è stata molto impegnativa… ed è finita come al solito con un girovagare per notte fonda da solo in Voss, disperso e leggermente alticcio, fino al cercare di tornare in autostop alla mia tenda situata a qualche kilometro di distanza. Ma questa è un altra storia.
La mattina seguente, nonostante il mal di testa, ci siamo svegliati di buon ora e siamo andati ad allenarci sul Brandseth tutto il giorno. Tra una pausa e l’altra, siamo andati a fotografare le bellissime cascate del Myrkdalen, che probabilmente andremo a fare domani se troviamo un bel team agguerrito. Incontrati per strada i fratelli Lammlers, e dopo ancora un paio di giri di allenamento, siamo svenuti presto nelle nostre rispettive tende per affrontare al meglio la giornata di oggi.

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Erano presenti una decina di ragazze e all’incirca una quarantina di uomini. Tanti grandi nomi e atleti dai quattro angoli della terra. Atmosfera abbastanza tesa visto la pioggia incessante degli ultimi giorni e del livello medio alto del tratto di gara.

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Per quanto mi riguarda, la tensione accumulata negli ultimi giorni, la voglia di dare il meglio mista ad agitazione e tanta stanchezza, mi ha portato a caricare così tanto la parte iniziale del tratto che sono arrivato alla cascata, punto più tecnico e delicato, con all’incirca mezzo metro di lingua all’infuori e una linea decisamente troppo centrale (la cascata va presa tuuuuutta a destra). Ho sentito il buco che mi risucchiava con decisione e, dopo un timido tentativo di eschimo, sono sparito per una buona quindicina di secondi sotto la cascata, cercando di nuotare con tutte le mie forze verso di essa per trovare la corrente più profonda che mi permettesse di uscirne. Esperienza che non consiglio particolarmente. Ma tutto ok, a parte le parecchie birre che mi toccherà pagare stasera.

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Teoricamente, solo i primi 15 atleti avrebbero avuto la possibilità di passare in finale. Invece, ringrazio tutti gli amici, conoscenti, familiari che mi hanno pensato oggi, perchè le vostre onde hanno mandato in tilt gli apparecchi di cronometratura e i risultati non sono stati validi per nessuno!!!!
Ovviamente i top paddlers sono andati su tutte le furie e gli organizzatori si sono presi dei sonori insulti, ma io ringraziavo il cielo per una “redemption run”. Che è andata molto bene per i miei standard, tranne una strizzata di denti cosi forte davanti alla cascata che probabilmente qualche d’uno me lo sono scheggiato 😉

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I risultati saranno online nelle prossime ore sul sito dell’Ekstremsportveko, per ora vi lascio con un appuntamento per domani al campeggio del Festival, dove faremo provare tutti i Kayak Exo a chiunque volesse provare in mattinata, e nel pomeriggio ci dirigeremo sul Myrkdalen e i suoi meravigliosi (ed impressionanti) saltoni!

Stay tuned

 

3/7

Nuovi amici e grandi saluti.

Sempre live da Voss! E costantemente sotto la pioggia ed immersi nel fango. Sono successe una marea di cose negli ultimi tre giorni ma cercherò di essere il più rapido e conciso possibile per non annoiarvi troppo.

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Cominciamo da venerdì. Prima cosa da dire è che la giornata è cominciata molto, ma molto lentamente a causa dei festeggiamenti della sera prima, dove tutti gli atleti si sono ritrovati al tendone del festival per chiudere in bellezza la prima giornata di gare. Il mattino seguente il campeggio aveva l’aspetto di uno di quei film horror splatter che vanno tanto di moda: pioggia, fango, atmosfera grigiastra e zombie che si trascinano lentamente e scompostamente dalla caffetteria ai bagni sporchi e puzzolenti. La giornata era già segnata praticamente. Nonostante il difficile inizio siamo però riusciti ad organizzare un grande raduno nel campeggio dove chiunque volesse poteva provare canoe e SUP liberamente, con qualche consiglio del sottoscritto per tutti coloro che non avessero mai messo il sedere dentro una barca.

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Vi assicuro che mi sono emozionato non poco quando ho visto pian pianino un gruppo sempre più consistente di ragazzi e ragazze radunarsi sulle rive del lago e salire sulle nostre barche, felici nonostante la pioggia di dare un senso a quella giornata.

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I ragazzi del canoa club di Voss si sono uniti  a noi per provare e far provare le barche al maggior numero di persone possibile. La sera infine abbiamo cucinato una super pasta per una decina di nuovi amici (non ci siamo dovuti impegnare più di tanto, qui sono abituati a mangiare davvero male), fatto un bel fuoco e brindato alla vita fino a tardi.

Ieri invece si è conclusa la settimana dedicata agli sport estremi con una bellissima giornata e una fantastica serata. A mezzogiorno è cominciata la Head2Head race, una boatercross con partenza a 4 sulle prime rapide del Strandaelva.

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Eravamo 32 partecipanti, l’atmosfera era calda e festiva, con addirittura qualche accenno di sole, prima della solita pioggia torrenziale delle 3 del pomeriggio. La gara è stata davvero bella, vinta da Michele Ramazza, con un grandissimo Filippo Brunetti che è arrivato fino alle finali aggiudicandosi un 4°posto.

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Purtroppo io sono uscito alla prima batteria, stando inizialmente in seconda posizione e cercando si mordere la coda della Waka di Jamie Sutton (solo nei miei sogni perché dopo solo 4 colpi di pagaia ha dato a tutti 5 metri) ma, nel cercare di prendere bene il palo da slalom al quale dovevano girare attorno, l’avversario alle mie spalle mi è entrato violentemente sul pozzetto, facendomi perdere la linea.

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La battaglia non era ancora finita perché nel recuperarlo, siamo entrambi finiti nel buco più grosso del percorso, dove siamo rimasti a surfare per qualche secondo, prima che lui riuscisse a uscire prima di me e si qualificasse per i quarti di finale.

A fine gara invece, ho vissuto uno dei momenti più forti ed emozionanti che mi siano mai capitati di provare in fiume. Non ho idea di quanti fossimo, probabilmente una settantina o più, tutti insieme a scendere contemporaneamente in fiume in memoria di Benji, leggenda locale, canoista e sciatore che ha marcato fortemente la comunità di Voss e canoisti provenienti da tutte le parti del pianeta, che ha perso la vita quest’inverno in una valanga. E stato davvero un memorial meraviglioso. Il fiume aveva preso nuova vita, aveva cambiato faccia, così colorato di canoe. La gente sorrideva. Ognuno meravigliato ma allo stesso tempo segretamente assente, cercando quell’unica faccia che tutti stavamo ricordando con quella discesa. Siamo arrivati fino ad una roccia piramidale dove, a cavalcioni, i famigliari e amici più stretti di Benji hanno sparso le sue ceneri dentro al suo fiume, mentre noi accompagnavamo quell’atto con un lancio di rose e fiori che avrebbero accompagnato i suoi resti fino al mare. Bello, forte, magico, ed indimenticabile.

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Tutti i partecipanti del memorial si sono ritrovati poi al KayakVoss per una grigliata gigante, poi tutti al Festival per vedere i video e le premiazioni finali, prima dell’ultima grande, pazza, molesta festa terminata a notte fonda.

Domani invito tutti coloro che volessero a raggiungerci sul Brandseth, dove, se le condizioni lo permettono, Eric Deguil sfiderà le leggi della stanchezza fisica e mentale lanciandosi in una 24 ore di discese per entrare nel Guinness dei primati. Flo ed io abbiamo deciso di andare a dargli una mano, voi?

Love this experience, love Norway!

 

6/7

Bi-nazionalità e bagni d’umiltà.

Cari amici, prima di tutto mi scuso per essermi dilungato leggermente con le date di uscita del blog ma stiamo salendo a Nord, dove la vegetazione si fa sempre più fitta e rigogliosa, le montagne più ripide e i centri abitati meno frequenti, comportando quindi non pochi problemi per la ricerca di un free-Wifi spot.

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Anche questa volta il titolo è molto significativo e cela al suo interno la chiave di lettura del racconto.
Domenica sera ci siamo recati sul Brandseth, dove il mattino seguente avevamo appuntamento con Eric Deguil e una manciata di suoi compatrioti per la 24ore da Guinness. Ebbene il tentativo è fallito sul nascere per colpa della pochissima acqua sul tratto. La perdita d’animo è durata solo qualche secondo però, perché abbiamo deciso di recarci sulla sezione superiore del Randal. Avete presente quei video dei pro che vanno giù dentro a un tunnel di roccia scavato dall’acqua? Ecco, quello.

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PAZZESCOOOOO. Una bella pendenza crea una specie di scivolo d’acqua blu turchese-smeraldata che vorticosamente si butta dentro ad una meravigliosa pozza. Video coming soon! Subito dopo primo cascatone della mia vita, un 10 meter drop con linea obbligatoria.

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Difatti chi la linea l’ha mancata (grazie a Dio non io) ha rotto pagaie e ottenuti corposi occhi neri. Infine uno slidone di 50 metri con buchi da evitare qua e là, che solo Deguil ha avuto il coraggio di fare dall’inizio.

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Finita la parte adrenalinica e verticale della Randal ci siamo spostati sulla parte “playground”. Si, mi sono rilassato per via del nome del tratto, che di giocoso ha solo il nome, e ho preso sonori schiaffoni dall’inizio alla fine. Da aggiungere che all’imbarco abbiamo incontrato una incredibile Mariann Saether all’ottavo mese di gravidanza, che con 2 amici ci ha guidato (per fortuna) sul tratto. Che donna ragazzi!

Ritrovati il mattino seguente amici Italiani (Scafo, Danielone di Roma e Roberto) formiamo definitivamente e stabilmente un affiatato gruppo Italo-Francese capitanato da Deguil che si appresta ad affrontare le insidiose rapide del Myrkdallen.

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Definitivamente tra i top 5 della mia vita per bellezza, intensità e difficoltà. Slide, passaggi lunghi e tecnici, cascate, saltoni… Un quinto grado da urlo in una valle di rara bellezza. Che combinazione meravigliosa.

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Nonostante ci abbiamo messo più di 6 ore per fare un fiume da 7 km, non contenti ci siamo spostati subito dopo sul Money drop. Visibilmente a molti di noi l’adrenalina faceva fatica a scendere! Purtroppo ad un amico francese è uscita la spalla, per quanto mi riguarda ho avuto un’impatto così pesante che le stelline che vedevo al tentativo di terzo eschimo mi hanno fatto tirare il paraspruzzi e nuotare a riva con un sorriso un pò forzato.

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Qui vorrei inserire solo qualche linea inerente al “bagno di umiltà” di cui parlavo nel titolo. Pensavo di essere un canoista competente, forte, sicuro. In Norvegia i parametri sono cambiati completamente ragazzi. Qui tutto è più grosso, verticale e cattivo. E non ho mai visto cosi tanti canoisti buttarsi in rapide che, fino a qualche secondo prima, consideravo impraticabili. Viaggiare è davvero il modo migliore per aprire gli occhi e farsi un bell’esame di conoscenza, rivalutando il proprio livello di canoista e di persona.

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Detto questo, il viaggio è ricominciato quando, lasciando l’ospedale di Voss con il francese e la sua spalla ci siamo diretti a nord verso Vik, dove stamattina abbiamo preso il traghetto. Il viaggio è stato meraviglioso, svalicando un passo dove lastre di ghiaccio color blu si trasformavano in acqua, che si trasformava in cascata, che si trasforma in fiume.

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Il cerchio della vita Norvegese, al quale ha brindato il nostro bellissimo team bi-nazionale ieri sera davanti al fuoco con ottime e gustose bottiglie di Santero che alzavano morale, spirito, fratellanza e felicità generale. Stai tranquilla mamma, la tenda era a 2 passi.

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Rubo una quota di uno sticker Fasboa appiccicato su uno dei furgoni francesi:

“Stare è esistere. Viaggiare è vivere”

 

8/7

On the Road Again and Again

Adrenalina, felicità e buon umore aumentano esponenzialmente con i chilometri percorsi verso Nord. Non sono mai stato cosi in alto in vita mia. E più mi avvicino al polo, più mi viene voglia di esplorare, girovagare, proseguire la rotta verso la meta ignota nella quale vivrò le giornate più lunghe che io abbia mai immaginato di vivere.

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Ormai la notte appare timidamente solo per qualche ora, e puntualmente ci dimentichiamo di guardare l’orologio fino alle 2 o 3 di mattina, quando i primi di noi cominciano a crollare nonostante sembra essere primo pomeriggio, ma è sempre troppo tardi e facciamo fatica ad abituarci. Nonostante questo, l’ormai affiatatissimo team italo-francese non molla neanche un secondo e continua imperterrito a cercare avventura ed emozioni forti in giro per questo incredibile paese.

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Pane per i nostri denti l’abbiamo trovato eccome. Prima a Sogndal, arrivati dopo svariate ore di viaggio in strada e in traghetto, che ci ha regalato emozioni forti e larghi sorrisi di soddisfazione. Inoltre è stato per molti di noi il primo fiume percorso fino al mare, sfociando nel fiordo più grande d’Europa. Caratterizzato da passaggi con lunghi slide, la rapida principale è conosciuta come “triple combo”, tre saltoni consecutivi ingolati e molto impressionanti che trasformano il paesaggio da reale a fiabesco.

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Il nostro gruppo si è poi accampato in una valle ai piedi del ghiacciaio più grande della Norvegia. Uno dei posti più suggestivi che abbia mai avuto la fortuna di vivere. A dir la verità non ho chiuso occhio quella notte, sognando di mostrare questi meravigliosi posti a amici e famigliari. La vallata scavata, anzi scolpita e lisciata dai ghiacci mi ha incantato come non mi capitava di incantarmi da anni.

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Ma arriviamo al punto. La rapida più incredibile, impressionante, adrenalinica e pazza che io abbia mai fatto. Ringrazio i francesi con tutto il cuore perchè, se non fosse stato per loro, probabilmente non avrei mai trovato la Tyler Brad rapid della Valldal, e anche se l’avessi trovata, col caaaaachio che me la sarei sparata! Invece la bellezza di avere un gruppo internazionale di canoisti forti, coraggiosi, e che si guardano le spalle, non ha prezzo proprio per questo motivo. 

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Un ingresso ingolato, con l’acqua che ha scavato con gli anni nasi di roccia e nicchie da evitare, che poi veloce si inalza al cielo creando un salto/cascata con slide finale bello lungo… ho perso la voce con le urla di gioia a fine rapida!

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Ora invece ci troviamo al Valldal festival dove domani gareggeremo su un fiumetto suuuuper pendente e stretto chiamato Mickey Mouse (i norvegesi hanno questa strana abitudine di dare nomi tranquilli a rapide che di felice non hanno proprio ma proprio nulla), prima di ripartire ancora una volta (e non ne vedo l’ora) verso Nord.

Sento la vita scorrere nelle vene alla velocità dei fiumi che stiamo percorrendo.
Grazie alla vita.

 

12/7

Oh, Ah, Valldalla e angeli custodi

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Sopravvissuti al festival più particolare di sempre!

Il team bi-nazionale non solo si è aggiudicato la totalità dei primi 5 posti sul podio della gara di Valldal, sulle rapide del Mickey Mouse, ma si è anche reso partecipe all’organizzazione interna del festival prestando i Kayak Exo per la totalità dell’evento a chiunque volesse provarle.

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Ben presto siamo diventati una specie di attrazione secondaria al festival e abbiamo conosciuto una marea di veri e propri Vichinghi (ci troviamo molto a nord in una zona turistica solo nazionalmente) che venivano puntualmente a trovarci al nostro accampamento in un angolo del festival, curiosi di vedere dei non-biondi, barbuti e abbastanza sporchi viaggiatori, con un esercito di canoe sui tetti delle loro vetture.

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Vorrei aggiungere qualche informazione riguardo alla gara più importante del Valldal Festival: la gara che avrebbe sancito il miglior contadino del Nord della Norvegia. Questa bizzarra ma accattivante competizione si svolgeva in centro al festival, e opponeva due avversari che dovevano svolgere diverse mansioni il più in fretta possibile l’uno contro l’altro. Solo uno dei due sarebbe passato al round successivo. Eccovi le mansioni: 1) vestirsi in fretta con tuta completa verde da contadino. 2) correre fino ad un palo. 3) girare intorno al palo per 6 volte. 4) guidare una cariola stra piena di massi attraverso un percorso delimitato da filo elettrico funzionate. 5) bere un bicchiere colmo di yogurt bianco. 6) martellare 5 chiodi dentro ad un asse di legno. 7) alzare e spostare per 3 volte una ruota di trattore.
Già, molto particolare.

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Il festival si è chiuso con il fuoco più grande che abbia mai visto (i 50 litri di benzina gettati sopra hanno di sicuro aiutato) e con musica fino al mattino, passando da canti norvegesi gutturali e da danze pittoresche. Rimarrà davvero un ricordo stupendo.

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Il mattino seguente abbiamo provato ad essere veloci ed efficienti per effettuare due discese. Ovviamente abbiamo fallito visto la sbornia colossale della metà dell’equipaggio. Siamo riusciti comunque ad affrontare i passaggi stretti e tecnici del bellissimo Upper Valldal, che ci ha tenuto occupati per tutto il pomeriggio.

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Il fiume rimane davvero spettacolare: crea un insenatura stretta e profonda in una valle ampia e luminosa. I passaggi sono di una bellezza rara ma i sifoni e le nicchie all’ordine del giorno.

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Ci siamo poi spostati sulla Rauma attraversando il bellissimo colle dei Troll, una strada zigzagante che sale verticalmente in una valle dipinta da cascate.

Ora parliamo della Rauma. Considerata senza alcun dubbio tra le 2 o 3 discese più difficili della Norvegia.

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Costituita da 7 passaggi giganteschi, è davvero il “next level river” che attira i più temerari canoisti a livello planetario. Passaggi di volumi, allo stesso tempo tecnici, e soprattutto pericolosi. Da quando sono arrivato in Norvegia ne sento parlare come il santo Graal, e devo dire che la notte prima di affrontarlo non ho fatto per nulla sonni tranquilli. Ho addirittura sognato, mi sembra di ricordare, che qualcosa sarebbe andato storto. Potete immaginare la mia faccia mentre scendevo il sentierino che portava all’imbarco: grigio-verde e contratta dal nervosismo. Non volevo comunque tirarmi indietro. Appena arrivato alla prima rapida ho sentito il cuore aumentare vorticosamente il battito. Per la bellezza del posto. Per la gigantesca portata del fiume. Per la sua verticalità.

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Prima rapida fatta bene. Seconda rapida. Scendiamo a guardarla. Ero davvero impressionato. Passano i primi due. Tutto bene. Alzo la mano, vado io. Mi imbarco, faccio una decina di pagaiate per scaldarmi i muscoli e preparare il boof più grande che avrei provato in vita mia. Aggancio. Mi giro, fronteggio l’entrate. Inserisco la pala in acqua e spingo. Sbammm!! Sento qualcosa che si rompe all’interno e mi dirigo velocemente a riva. Il puntapiedi si era rotto sull’estremità ed era diventato inutilizzabile, probabilmente danneggiato dal bagno fatto dopo il Money drop, dove la barca è sopravvissuta ad altre 2 cascate e altrettante rapide piena d’acqua. Se fosse successo 5 metri dopo non so cosa sarebbe successo. Ringrazio comunque il mio angelo custode che mi ha mandato un chiaro segno di quello che avrei dovuto fare. Smettere quella discese che tanto mi tormentava. Tornerò, lo prometto, per affrontarla quando sarò pronto.
Ho comunque deciso di non abbandonare i miei amici e li ho seguiti per tutti i 4 chilometri del fiume a piedi, facendoli foto e sicurezza sui passaggi più terrificanti che abbia mai visto in vita mia. Vorrei tra l’altro nominare questi stupendi ragazzi francesi, coraggiosi quanto bravi: Mathias Guillot, William Gettliffe, Hyppolyte Brunier, Eric Deguil, Guillaume Hasson e Jonas Le Morvan.

Purtroppo, sull’ultima rapida della Lower Rauma, che di rapida ha ben poco perché è una cascata di 25 metri, Deguil si è incrinato una costola e ora è, ancora per poco conoscendo il personaggio, fuori dai giochi.

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Oggi invece ci siamo lanciati sulla Ulvaa, percorrendo una rapida costituita da 500 metri continui di Slide, e sulla parte alta della Rauma, per adesso il fiume più bello che abbia fatto in Norvegia. A differenza delle gigantesche rapide della sua parte bassa, la parte alta vi lascerà senza fiato per la bellezza dei suoi paesaggi e i suoi passaggi meravigliosi: preparate la pala in acqua e pronti a buffare qualsiasi cosa vedete sul vostro cammino!

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Ora è la volta del Sjoa river festival, ultimo capitolo di questa meravigliosa avventura, ma ho il presentimento che sarà anche il capitolo più interessante di tutti.

Keep on dreaming.

 

 

16/7

Tante belle ciliegine su una grande torta

Prima di cominciare vorrei scusarmi con i miei lettori per la frivolità e leggerezza del mio racconto mentre il mondo cade a pezzi con gli attentati di Nizza e i problemi in Turchia. Spero che questa lettura possa trasportarvi per qualche minuto lontano da preoccupazioni e problemi. Morte e paura avanzano, ma la vita continua, il viaggio e i sogni pure.

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Avete presente la metafora della pallina di neve che, a furia di rotolare, si rafforza e si ingrandisce prendendo forma e velocità? Ecco, il nostro viaggio, mi sembra, può essere paragonato a questo.

Da quando ci siamo spostati a Sjoa, la concatenazione di eventi dalla quale siamo stati travolti ha dell’incredibile. Arrivati al campeggio del festival abbiamo rivisto e riconosciuto una marea di amici incontrati lungo il cammino. Ormai il Van Exo, il capellone e il barbuto sono facce abbastanza conosciute nel piccolo e meraviglioso micromondo canoistico Norvegese. Sebbene la prassi consiglierebbe di seguire il corso temporale e cronologico del tempo per la narrazione, le mie emozioni hanno creato un miscuglio di ricordi difficilmente organizzabili negli ultimi 4 giorni, lasciandomi un sottofondo di perpetua e continua felicità di esistere.

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Per questo motivo l’ultimo capitolo di questo report vorrei presentarvelo per punti, o meglio per ciliegie, esponendovi tutte le ragioni che mi rendono così entusiasta.

1)Fratellanza:

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Il rapporto con i ragazzi francesi ormai non si può chiamare solamente amicizia. Dopo un viaggio come questo, stracolmo di emozioni forti, di eccessi di paura e adrenalina, di respiri profondi e sguardi d’intesa prima di una rapida difficile, trasformano e rafforzano il rapporto, rendono complici e vicini, e l’abbraccio di fine discesa stringe insieme ai corpi le anime per sempre. E’ raro trovare sulla strada persone con le quali crei una sintonia così semplice e funzionale. Ovunque ci spostiamo, il corum rimane ma moltissime persone si aggiungono per qualche discesa proseguendo poi il proprio cammino. Il risultato è che non ho mai conosciuto così tanti bravi canoisti in un così corto periodo di tempo. E viaggiando con loro ho acquisito esperienza, tecnica e fiducia. Grazie a voi amici.

2)Eric:

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Due parole vanno spese per una persona del suo calibro. Eric è senza dubbio il primo vero campione, dentro e fuori dall’acqua, che abbia avuto la fortuna di conoscere. Lasciamo stare il fatto che, in canoa, si può considerare un artista. Le linee che sceglie, siano durante una gara o su un sesto grado, hanno del poetico: pulite, semplici, efficaci, e bellissime. Fa sembrare facili passaggi che per noi comuni mortali hanno dell’impraticabile. Quello che rende Eric davvero un campione però, è la sua attitudine fuori dall’acqua. La sua silenziosa leadership. La voglia di tramandare gioia, tecnica e sicurezza quando ne hai bisogno. L’occhio attento che supera la maschera e scruta efficace il nocciolo della tua essenza in qualsiasi momento. Soprattutto l’umiltà, una grandissima umiltà alla quale noi italiani non siamo più abituati, che lo porta a viaggiare testa a testa con ragazzi giovani, con studenti, facendogli tacitamente da padre, da fratello, da maestro e da guida.

3) Paesaggio:

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Il paesaggio Norvegese cambia e si trasforma più di quanto pensassimo mentre percorriamo kilometri senza sosta. L’area di Sjoa è stupenda, verdeggiante e sicuramente più solare (il che le fa aggiudicare un sacco di punti) rispetto agli ultimi posti visitati. Strapiena di fiumi. E che fiumi!

4)Fiumi:

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Lagen, un fiume di volume con passaggi ingoiati ma molto divertente, ma che allo stesso tempo ti fanno sudare per bene. Finna, uno degli highligh del nostro viaggio: un 4/5 continuo anch’esso ingolato e più difficile d’accesso, ma una volta dentro il tuo mondo, cambia ve lo posso assicurare. Le tante e diverse parti della Sjoa, ce n’è per tutti i gusti, dalle ondone della parte classica ai buchi che ti mangiano nella parte di Amot. E tanti altri. Purtroppo il Tora-Bora e altri fiumi vicini sono troppo alti e abbiamo deciso di non farli.

5) Cascata.

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La più alta che abbia fatto in vita mia. La cascata di Veo. 20 metri di bellezza, di volo, di libertà. Ero così immerso nel momento che il tempo si è modificato e mi sembra che tutta l’esperienza di quella discesa sia durata solo qualche batter d’occhio. Quello che ricordo bene è la velocità. Una caduta libera così lunga non l’avevo mai provata. E purtroppo per i miei genitori mi è piaciuta da morire. Ma quello che ricordo ancora meglio è il senso di pace e tranquillità, di focus, nella quale ero immerso sin dal momento in cui ho posato gli occhi su quella bellezza. Mi sono visto scendere la rapida nella mia testa con una tale lucidità che trasformare quell’immagine in realtà è stato naturale, ed il risultato è stata una linea pulita e fluida su un passaggio che a inizio viaggio avrei sicuramente non fatto.

6)Il festival:

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Un raggruppamento di amanti del fiume, siano principianti o atleti blasonati, si ritrovano in questo periodo proprio a Sjoa per formare squadre atletiche pronte ad affrontare le rapide più difficili, o si sfidano durante le 3 gare dell’evento. Il festival è organizzato bene, con ogni sera una festa o una grigliata per tutti, e un ampio spazio per campeggiare gratuitamente. Nel nostro angolo ci sono ragazzi Svizzeri, Austriaci, Tedeschi, Francesi, Inglesi, Cechi, Irlandesi e Svedesi. Tutti con il proprio mezzo e le loro canoe. Un raggruppamento variopinto ed internazionale.

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Le gare sono 3: un Team race, che per quanto mi riguarda è stata un esperienza molto divertente (mi sono ritrovato in una squadra mista con ragazze e ben presto era più importante per me fare sicura più che scendere in fretta). Non ci sono stati problemi e ho anche avuto il privilegio di bere una birra che mi ero portato dietro in canoa mentre aspettavo il mio Team chiamato giustamente “Don’t wait for us”.

Una gara a tempo sulle rapide della gola di Amot e il boatercross il giorno seguente sullo stesso tratto. Diciamo che le mie qualità da competitore sono rimaste in Italia e le due gare sono andate abbastanza maluccio, con il boatercross nel quale sono riuscito, e vi assicuro che ce ne vuole, a prendere tutti ma proprio tutti tutti i buchi (giganteschi) del tratto. Mi rifarò stasera alla festa.

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Ricapitolando in una sola frase, posso solo dire che quest’esperienza ha superato persino i sogni che durante tutto il mio anno hanno avvolto le mie aspettative su questo viaggio. Dalle persone incontrate, ai fiumi discesi, ai traguardi personali e al lavoro che mi ero posto di fare per Exo, che ringrazio con tutto il cuore per avermi dato questa fantastica opportunità, non potevo chiedere niente di più a me stesso e al fato.

Domani comincia il viaggio di ritorno verso l’Italia, ma vista la facilità dalla quale veniamo trasportati dagli eventi, non posso ancora dire che l’avventura sia finita!

Keep on traveling.

 

Jacques Gilardone – Flo Smith

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